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Prima di cominciare a parlare di trattamento miofasciale attraverso l’utilizzo di strumenti ergonomici, è doveroso fare una piccola specifica sul concetto di meccano-biologia;

Questo paradigma studia le variazioni biologiche che possono avvenire chimicamente o nel campo elettromagnetico come effetti della trasduzione di forze meccaniche applicate a un organismo. In questo tema cadono tutte le modalità di terapia manuale (FKT, massoterapia, linfodrenaggio, l’agopuntura, il dry needling. la fibrolisi miofasciale e tutte quelle terapie meccaniche che agiscono su un sistema biologico.

Se, fino a pochi anni or sono, si addebitava il successo delle terapie meccaniche ad una sorta di “riposizionamento” dei tessuti prodotto dalla manipolazione, oggi abbiamo compreso che la manipolazione agisce propagando un “messaggio terapeutico” dalla superficie del corpo lungo le fibre di tessuto connettivo che, via via, facendosi sempre più locali e profonde, portando l’informazione fino all’interno delle cellule. Il citoscheletro è il motivo per il quale le terapie manuali-meccaniche funzionano.

Senza dettagliare i particolari biochimici, possiamo schematizzare così questo percorso: dalle membrane cellulari e nucleari (i veri cervelli della cellula) si entra nel citosol, per mezzo del citoscheletro. Il vero trasduttore meccano-biologico è proprio la “limitante” membrana cellulare-citoscheletro-membrana nucleare. La prima parte (membrana cellulare-citoscheletro) attiva gli organelli cellulari nelle loro funzioni, mentre la seconda (citoscheletro-membrana nucleare) addirittura attiva/inibisce la fenotipizzazione genica!

Partendo dalla terapia manuale mio fasciale dobbiamo ricordare alcune leggi della fisica che le regolano.

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Leggi di fisiologia importanti nella fibrolisi

Per un fisioterapista, e specialmente per un operatore neuromuscolare, sarà importante sviluppare una profonda conoscenza delle tipologie di trattamento da attuare su pazienti con sintomatologia dolorosa.

Le leggi della fisiologia sono un importante strumento per comprendere le tecniche da utilizzare. É necessario apprendere queste leggi per essere in grado di concretizzare correttamente i principi fisiologici sui quali la terapia manuale neuromuscolare è basata. “Taber’s Cyclopedic Medical Dictionary” definisce una legge fisiologica come un principio scientifico che è univocamente verificato per un’intera classe di eventi fisiologici naturali. Una legge viene definita come un principio costante ed uniforme. Quella che segue è una lista di principi di fisiologia necessari alla specifica terapia neuromuscolare.

  • Legge della facilitazione

Quando un impulso è trasmesso attraverso una certa rete di neuroni tenderà a seguire lo stesso percorso in occasioni future e, ogni volta che ripeterà la stessa terapia, la resistenza sarà inferiore. Il sistema nervoso tende a sviluppare la capacità di trovare il percorso con resistenza minore. Quando una via neuronale viene attivata, questa crea uno schema abituale prodotto dal sistema corporeo. Questo principio spiega perché spesso il dolore si presenta sempre nella stessa area. L’organismo non impiega molto per aggravare, rimembrare un vecchio trauma o i suoi sintomi. I modelli di dolore diventeranno un modello stereotipato nel sistema neurofisiologico e sensoriale. In una zona che è stata precedentemente compromessa per varie cause, è probabile che si tenderà a presentare una sintomatologia dolorosa con altri traumi, anche di minor intensità. Questa stessa zona impiegherà un minor lasso di tempo per guarire nuovamente. Ciò sembra quindi spiegare come un numero maggiore di sedute terapeutiche possa permettere un maggior rilasciamento e riequilibrio assimilato, registrato e duraturo nel tempo.

  • La legge di Davis

Se le inserzioni muscolari vengono avvicinate, il tono aumenterà insieme all’accorciamento del muscolo, ciò potrebbe provocare ipertrofia. Se le inserzioni vengono allontanate oltre il normale, il tono diminuirà o verrà perso, pertanto il muscolo si indebolirà. Se un tessuto viene posto sotto tensione incessante, questo si allungherà causando iperplasia. Questo principio sembra indicare che l’inutilizzo possa causare la perdita della normale funzionalità del tessuto stesso. Si provi ad immaginare uno squilibrio in cui un gruppo di muscoli ipertonici si sia cronicamente accorciato e sia diventato ipertrofico, mentre il gruppo antagonista sia diventato cronicamente iperallungato ed indebolito. Un esempio di quanto descritto potrebbe essere rappresentato dai muscoli pettorali ipertonici e dai romboidi iper-stirati ed indeboliti.

  • La legge di HIlton

Un tronco nervoso che innerva un’articolazione, provvede all’innervazione anche dei muscoli dell’articolazione stessa e al tessuto cutaneo sovrastante le inserzioni di questi muscoli. Quando c’è una patologia è difficile stabilire se il dolore provenga dalla cute, dal muscolo o dall’articolazione. La stimolazione di una qualsiasi di queste zone si ripercuoterà su tutte le altre. Questo sembra spiegare due cose: il motivo per il quale lavorando sulla zona superficiale si possa creare un rilasciamento nei tessuti più profondi del corpo e secondariamente in quale modo l’applicazione della tecnica dello scollamento, diminuisca l’iperalgesìa nei tessuti più profondi.

  • La legge di Arndt-Schultz

Stimolazioni deboli attivano i processi fisiologici; stimolazioni molto forti, inibiscono le risposte fisiologiche. Questo principio indica che il terapista manuale dovrebbe utilizzare un approccio delicato, più lento e meno stimolante se l’intento terapeutico è quello di attivare risposte fisiologiche. Usare la forza su una zona, sarà meno efficace rispetto ad un approccio leggero e lento per un lavoro più profondo. Se si stimola delicatamente il tessuto, esso guarirà più velocemente. Un debole ma specifico stimolo attiva la guarigione del tessuto e i processi di crescita. I trigger points, di solito possono anche attivare impulsi forti che tendono a inibire alcuni processi che in alcuni casi vanno inibiti. Un esempio è il colpo di frusta che può influenzare negativamente la ghiandola tiroidea. Quindi per inibire una risposta fisiologica, è necessario utilizzare uno stimolo di forte intensità. È opportuno quindi utilizzare la frizione trasversale profonda per alcuni minuti per fermare il dolore.

  • Le leggi di Pfluger

Le leggi di Pfluger illustrano il passaggio dal dolore acuto a quello cronico. Esse descrivono il passaggio da un trauma acuto non trattato al dolore cronico.

Legge dellʼunilateralità. Questo principio spiega come nell’area in cui avviene una lieve irritazione dei nervi afferenti sensoriali il corpo risponda con una sensazione dolorifica, limitata all’emisoma colpito. Qualunque leggera stimolazione in quella zona rimarrà localizzata.

  • Legge della simmetria

Con una stimolazione maggiore, la reazione motoria si manifesterà, non solo nel lato irritato ma anche nei muscoli omologhi sul lato opposto del corpo. Questa legge indica che, a causa di traumi sufficientemente gravi, il dolore può espandersi anche all’emisoma sano. Utilizzando, nelle sedute terapeutiche manuali, livelli crescenti di pressione sulla zona colpita si otterrà un effetto bilaterale. Trattando l’area opposta al trauma, il professionista della terapia manuale neuromuscolare si rivolgerà indirettamente alla parte compromessa.

  • Legge dellʼintensità.

I riflessi osteotendinei sono più intensi dal lato dell’irritazione e meno intensi nel lato opposto. Si noti la similarità con la legge della simmetria, dalla quale diverge per le aumentate sensazioni dolorifiche.

  • Legge dellʼirradiazione

Se l’eccitazione continua ad aumentare, questa viene propagata verso l’alto e avvengono reazioni attraverso nervi centrifughi provenienti da segmenti del midollo. Questo principio indica che l’irritazione arriverà al midollo spinale e creerà reazioni nelle zone corporee innervate dai segmenti dei nervi colpiti. Gli spasmi e il dolore potrebbero essere riscontrati proprio sulla parte colpita dal trauma, che viene chiamata “muscle guarding”. In questo caso, il sistema mio-neurosensoriale sta cercando di proteggere la zona danneggiata attraverso meccanismi riflessi specifici.

  • Legge della Generalizzazione

Quando l’irritazione diviene molto intensa, viene propagata nel midollo allungato, che diventa un punto focale da cui gli stimoli si irradiano a tutte le altre parti del midollo, causando una risposta generale di altri muscoli del corpo. Quando un paziente è in questo stato, il terapista manuale non deve utilizzare delle tecniche ad alta intensità o tecniche massoterapiche profonde, poiché potrebbe essere possibile provocare risposte muscolari intense o uno stato completo di “muscle guarding”. Questa condizione è talvolta chiamata “sindrome di adattamento generale” (reazioni regolative neuropsichiche, emotive, locomotorie, ormonali ed immunologiche). Quando un paziente riceve un trattamento eccessivamente intenso, profondo o veloce, l’esperienza del corpo puo’ divenire identica o paragonabile a quella del trauma ricevuto. In altre parole il professionista della terapia neuromuscolare potrebbe anche traumatizzare il sistema se non dovesse essere utilizzata la giusta ed appropriata delicatezza. Il sistema efferenziale del paziente potrebbe rispondere con unacontrazione muscolare asimmetrica e generalizzata.

  • La legge di Wolff

Tutti i cambiamenti nella forma e nello sviluppo dell’osso, o nelle sue funzioni, sono seguiti da alcuni cambiamenti nella sua architettura interna e alterazioni secondarie nella sua conformazione esterna. Questo principio è anche conosciuto come il principio della trasformazione ossea. Essa stabilisce che la forma segue la funzione.

Riflessi corretti ed equilibrati

I riflessi corretti sono quei riflessi, attraverso i quali, i vari recettori nel sistema labirintico, nel sistema oculare, nel sistema muscolo-tendineo o nel tessuto cutaneo tendono a riportare il corpo alla sua posizione normale nello spazio e che resistono alle diverse forze o stimolazioni esogene o endogene che agiscono per condizionarlo in una posizione “asimmetrica”o patologica. Questo principio spiega come, per esempio, un paziente con una spalla in posizione craniale ed asimmetrica rispetto alla linea bisacromiale, con l’occipite inclinato dal lato opposto, riesca a vedere ancora le immagini livellate sul piano dell’orizzonte senza avvertire capogiri.

Le ossa facciali e craniali potrebbero diventare asimmetriche per riallineare gli occhi e le orecchie all’orizzonte, permettendo di vedere in modo normale e di non avvertire vertigini(funzione e struttura).

La disfunzione di una fascia può essere determinata dalla qualità e dalla quantità della componente collagene e dalla qualità e dalla quantità della componente elastica.

Le restrizioni miofasciali possono manifestarsi nel luogo dove è avvenuto il trauma o a distanza in rapporto alla continuità.

La restrizione miofasciale non trattata correttamente nel tempo, porta il paziente in un circolo vizioso di “tensione e spasmo muscolare”, causando una disfunzione organica e dolore.

Una patologia che colpisce molte persone, almeno una volta nella vita, è rappresentato dalle sindromi miofasciali, sia come evento primario che associato o secondario ad altre patologie.

Attualmente la definizione di Travell “sindromi di dolore miofasciale” o analogamente “sindrome dolorosa miofasciale”, comunemente e più brevemente chiamato “dolore miofasciale” è quella più accreditata ed universalmente riconosciuta.

La sindrome dolorosa miofasciale comprende un vasto ed eterogeneo gruppo di patologie muscolari che si presentano con dolore muscolare continuo, associato a contrattura, limitazione funzionale ed occasionalmente a sintomatologia di tipo nevralgico quali parestesie e formicolio e disfunzione vegetativa. Esse sono estremamente comuni e rappresentano, considerate in toto, una delle cause più frequenti di dolore.

Il Trattamento manuale classico può essere sostutuito o meglio coadiuvato da strumenti che ne possono aumentare l’efficacia in termini di ottimizzazione dei tempi, profondità raggiunte con minor dispendio energetico e in minor tempo ed infine con minor stress per le articolazioni del terapeuta.

Possiamo dividere gli srumenti in tono lisori, fibrolisori soft e hard, fascia lisori (per frizionamento), cupping (scollamento) ed infine vibro percussori.

Tutti questi strumenti sfruttano le leggi sopra elencate che implicano una modificazione della densità del tessuto sfruttando l’intensità (pressione), la frequenza e la durata dello stimolo.

Ogni strumento ha una forma adatta ad espletare una determinata funzione.

Fibrolisi diacutanea

La fibrolisi diacutanea (il prefisso dia deriva dal greco dià, ossia attraverso; quindi fibrolisi attraverso la cute) è una metodica messa a punto da un fisioterapista svedese, Kurt Ekman; si avvale di particolari strumenti detti fibrolisori, viene utilizzata in vari ambiti (fisiatria, medicina sportiva, ortopedia e reumatologia) ha mostrato interessanti risultati in varie situazioni morbose a carico di tessuti molli e nelle fibrosi pararticolari e periarticolari.

Com’è noto, in presenza di eventi acuti la risposta del nostro organismo non sempre è ottimale. Il processo di guarigione può non essere perfetto e il risultato è la presenza di “cicatrici” nei muscoli o nei tendini. Tali cicatrici si presentano sotto varie forme come noduli o aderenze fibrose. A volte il processo di riassorbimento di tali strutture può durare mesi, se spontaneo, a volte può non avvenire. La fibrolisi cerca di avviare o accelerare il processo di riassorbimento, riportando il tessuto in condizioni di normalità.

La fibrolisi ha mostrato una certa utilità non solo a fini terapeutici, ma anche diagnostici; grazie a essa infatti si è in grado di localizzare eventuali formazioni fibrose nei tessuti molli; i fibrolisori infatti, grazie alla loro particolare forma, permettono l’esplorazione e la localizzazione di processi reattivi.

La fibrolisi diacutanea quindi, è un metodo per trattare una serie di dolori meccanici nel sistema muscolo-scheletrico. Il processo consiste nella distruzione di aderenze e noduli fibrosi che si formano tra le diverse superfici di scorrimento dei tessuti molli, mediante ganci applicati sulla pelle. Il metodo è stato avviato dal fisioterapista svedese Kurt Ekman. Ekman si è reso conto che usando un semplice attrito digitale, non era possibile raggiungere la giusta profondità e ottenere la precisione necessaria per trattare alcuni strati di tessuto del corpo umano. Questa consapevolezza lo ha ispirato a creare un materiale specifico che si adatta meglio alle esigenze di questa pratica.

La tecnica è attualmente eseguita utilizzando ganci in acciaio inossidabile. Ogni uncino ha una curvatura diversa che gli consente di raggiungere i molteplici punti anatomici che si trovano tra la pelle e la struttura da trattare.

Pertanto, la tecnica è specificamente utilizzata in fisioterapia e offre risultati eccellenti nel trattamento di diverse patologie che colpiscono il sistema muscoloscheletrico, in particolare quelle applicate sui tessuti molli. La sua azione liberatrice tra i divisori interaponeurotici o mio-aponeurotici ripristina il corretto meccanismo di scorrimento nei diversi strati anatomici durante il movimento e risolve possibili incidenti di compressione che potrebbero causare dolore e disfunzione.

Fibrolisi meccanica benefici

Ekman ha descritto gli effetti della tecnica di fibrolisi diacutanea o meccanica in base a prove cliniche. I principali effetti sarebbero i seguenti:

  • Azione meccanica sulle aderenze fibrose e sui noduli che limitano il movimento tra i livelli di scorrimento, anche su cicatrici, lividi, ecc.
  • Azione circolatoria mediante stimolazione locale della circolazione sanguigna e linfatica, probabilmente rilasciando istamina nell’area trattata.
  • Azione riflessa, inibendo i punti riflessi ((Knapp, Jones, Travell, ecc.).

Campi di applicazione

La tecnica di fibrolisi diacutanea è indicata nei seguenti casi:

  • Adesioni fibrose a seguito di lesioni
  • Fibrosi post-operatoria.
  • Dolore (infiammatorio o non infiammatorio) del sistema muscoloscheletrico: miosite, epicondilite, tendinite, periatrite scapulo-omerale, stiramento dell’inguine, lombalgia, torcicollo, ecc.
  • Nevralgie consecutive a seguito di un’irritazione meccanica dei nervi periferici: nevralgia di Arnold, nevralgia cervicobrachiale e intercostale, sciatica, cubitalgia, ecc.
  • Sindromi trofiche degli arti: algoneurodistrofia, sindrome del tunnel carpale, sindrome compartimentale muscolare, ecc.

Fibrolisi o miofibrolisi diacutanea controindicazioni

Questa tecnica potrebbe avere le controindicazioni:

  • Dove il fisioterapista non è addestrato o ha una conoscenza insufficiente dell’anatomia palpatoria e della pratica stessa.
  • Un fisioterapista con un modo eccessivamente aggressivo.
  • Cattive condizioni della pelle: pelle sottile, melanomi, ecc.
  • Cattive condizioni trofiche del sistema circolatorio.
  • Per i pazienti sottoposti a trattamento anti-coagulante.
  • Non raccomandato per bambini o anziani.

Fibrolisi manuale

La strumentazione che viene utilizzata per effettuare la fibrolisi diacutanea consiste sostanzialmente in una serie di ganci in acciaio inox dalla diversa curvatura.

La fibrolisi può apparire una metodica di facile esecuzione, ma in realtà richiede un’ottima manualità e una notevole sensibilità.

Una seduta di fibrolisi diacutanea consta sostanzialmente di due fasi; la prima è quella diagnostica, mentre la seconda consiste nell’intervento manuale vero e proprio.

Il terapista agisce in modo diverso a seconda della profondità della formazione fibrosa; se quest’ultima è localizzata abbastanza superficialmente e si può comprimerla agevolmente sul piano osseo, il terapista effettua la fibrolisi con dei movimenti di va e vieni muovendo la cute su piani più profondi. Se il problema è localizzato in un settore muscolare abbastanza profondo, le manovre saranno più complesse e articolate.

Il fine ultimo della fibrolisi è quello di riuscire nel giro di poche sedute a frammentare meccanicamente il corpo fibroso. Se non è possibile effettuare una frammentazione completa, talvolta si rivela sufficiente l’allontanamento del corpo fibroso dalle terminazioni sensitive irritate responsabili dei sintomi dolorosi.

Dolore dopo fibrolisi: la fibrolisi al ginocchio, per l’epicondilite o in altre parti del corpo, non è una metodica indolore e il dolore in certi casi può essere particolarmente intenso, in particolar modo nei punti in cui sono presenti le maggiori aderenze. Terminata la seduta non è escluso un temporaneo riacutizzarsi della sintomatologia dolorosa; questo problema però tende a risolversi nel giro di poco tempo.

La fibrolisi diacutanea è controindicata nel caso di soggetti affetti da notevole fragilità capillare o da disturbi della coagulazione. La metodica è altresì sconsigliata nei soggetti molto anziani e in tutti coloro particolarmente sensibili alle stimolazioni dolorose.

Fibrolisi strumenti: ganci per fibrolisi

  • Tono-lisori, fibrolisori soft

Esistono strumenti di varia forma e vari materiali che in base alla superficie del corpo , si adattano e si confanno alle esigenze del terapeuta , in termini di egonomia e incisività di trattamento; le caratteristiche del trattamento dipendono sempre dalla condizione clinica e dall’obiettivo del trattamento; il trattamento può essere statico e varia per intensità, frequenza e durata dello stimolo; può essere dinamico per percepire meglio la consistenza muscolare ed adattarsi in maniera versatile alle condizioni del tessuto; infine può essere in contro resistenza concentrica ed eccentrica per capire bene le performance muscolari ed essere più specifici ed incisivi in maniera progressiva.

  • Fascia lisori

Strumenti più appiattiti che a seconda sella smussatura della lama (di solito sono in acciaio), riescono a stimolare lo scivolamento fasciale superficiale e profondo e a migliore la qualità del movimento; anche qui si possono fare trattamenti statici, dinamici e contro resistenza; esistono strumenti che si adattano alle varie superfici articolari più o meno convesse o concave; si possono utilizzare anche trattamenti funzionali in base alle esigenze del paziente, adattando il movimento in posizione eretta, supina o prona, simulando quanto più possibile il movimento disfunzionale patologico, causa del dolore o della cattiva performance.

  • Cupping

Trattamento Fasciale dovuto all’effetto vacuum creato da coppette in pvc attraverso un pompa aspiratrice manuale. Derivate dall’antico trattamento di medicina tradizionale cinese con coppette di vetro o bambu’ e l’effetto vacuum ottenuto attraverso la combustione di ossigeno con una fiammella all’interno della coppetta. Gli effetti terapeutici sono dovuti sia allo scollamento dei tessuti, ma anche alla confluenza di sangue in superficie, quindi al miglioramento della circolazione locale. Anche questo trattamento può essere fatto in maniera statica e dinamica ed essere locale o generalizzato. In MTC si agisce sui canali energetici (meridiani), su dei punti ben precisi e serve per disperdere energia ed equlibrare Yin e Yang.

  • Vibro percussori

Sono strumenti di vibrazione meccanica che sollecitano i tessuti in maniera vibratoria a basse frequenze per modulare il tono muscolare e facilitare il recupero. A volte si possono utilizzare anche come strumento di valutazione in senso lato, infatti lo stato tonico posturale è molto sensibile alle vibrazioni e in situazioni di iper reflessia notiamo spasmi o iper sensibilizzazioni cutanee riferite dal paziente, indice di uno stato di allerta e quindi bisogna modulare lo stimolo in termini di frequenza , intensita’ e durata. Come si puo’ notare la differenza tra i 2 emisomi, in cui il paziente nota un gradevolezza o meno nella sollecitazione dei tessuti, quindi ci orienta nella specificita’ del trattamento. Bisogna stare attenti a non sovrastimolare il sistema , che in certi casi potrebbe darci un effetto contrario a quello previsto/desiderato.

Fibrolisi cicatrice

Dopo un infortunio muscolare e/o tendineo, il nostro organismo mette in atto un processo di auto-guarigione attraverso la formazione di una “cicatrice”. Il tessuto che si viene a creare si chiama tessuto cicatriziale e tende ad essere fibrotico se non trattato, ossia perde le sue proprietà elastiche. A seconda del tipo e della gravità dell’infortunio, questo processo riparativo può durare molto tempo e a volte se la lesione è grave la cicatrice che si viene a formare è molto fibrotica è può causare altre problematiche. La fibrolisi può essere un ottimo rimedio per velocizzare il processo di auto-guarigione e soprattutto per rendere meno fibrotico e più elastico il tessuto di riparazione che consegue un infortunio.

Fibrolisi spalla

Sicuramente la spalla è un’articolazione che ha il suo stato di salute nell’equilibrio tra i vari gruppi muscolari (rotatori ext, rotatori  int, elevatori, depressori etc…), quindi a volte valutare questi squilibri e trattarli con la fibrolisi muscolare o miofasciale può aiutare il paziente a stare meglio.

Bisogna sicuramente capire l’eziopatogenesi, che potrebbe per es. essere da over use , oppure di origine cervicale. Ci saranno dei muscoli che lavorano troppo e alcuni che lavorano poco, quindi attraverso la rieducazione funzionale, si può coscientizzare il paziente ad un migliore utilizzo. Molte volte questo porta ad infiammazioni recidivanti dei tendini e quindi a quadri degenerativi (tendinopatie) che alterano la meccanica dell’articolazione scapolo omerale. Oltre al lavoro sopracitato di rieducazione motoria , si possono inibire i muscoli ipertonici, con terapia manuale e in casi di fibrosi o cattivo scivolamento fasciale, intervenire con fibrolisori o fascialisori che facilitano la riduzione dell’ipertono e miglirano lo scivolamento delle guaine fasciali in maniera molto specifica e focalizzata sui singoli tendini. Il trattamento a volte può risulare un po’ doloroso, ma una volta metabolizzato ci aiuta e recuperare più facilmente gli schemi giusti di movimento, sempre attraverso esercizi specifici di rieducazione funzionale.

Questa è solo una beve descrizione di dove può essere applicata la fibrolisi, ma ovviamente le applicazioni sono molte di più come la fibrolisi sulla coscia quindi per il quadricipite, per la cervicale, la parte lombare, per una tendinite, per la fascite plantare o la fibrolisi per l’epicondilite, ecc.

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