Il linfodrenaggio è una metodica utilizzata per trattare e risolvere vari problemi legati all’accumulo di liquidi, in primis la nota ritenzione idrica, ma anche situazioni più complesse come un linfedema generalizzato degli arti inferiori.

Il sistema linfatico e il linfodrenaggio

Alla base delle problematiche su cui il linfodrenaggio è improntato ad agire, si trovano soprattutto disfunzioni e alterazioni del sistema linfatico. Questo è costituito da un sistema di vasi, paralleli al sistema circolatorio sanguigno, con la funzione di drenare il materiale di accumulo dallo spazio interstiziale dei vari distretti tissutali. Durante il filtraggio di sostanze dal sangue alle cellule, e viceversa, quotidianamente vengono persi in questo spazio circa 2 litri di sostanze, prevalentemente acqua, proteine e lipidi: è compito del sistema linfatico drenare questa fuoriuscita in modo da prevenirne l’accumulo. Tutte queste sostanze vengono drenate dai capillari linfatici che si riuniscono, analogamente ai capillari sanguigni, in vasi linfatici di calibro crescente. I vasi linfatici di maggior portata nel corpo umano sono il dotto toracico, dove si riversa la linfa principalmente dalle porzioni inferiori del corpo dell’emisoma destro e dal torace, e il dotto linfatico destro, che raccoglie invece quella proveniente dalla porzione controlaterale.

Il movimento del liquido dalla periferia verso i dotti di calibro maggiore è garantito prevalentemente da meccanismi passivi. Tra questi, un ruolo fondamentale è giocato dalla muscolatura circostante i vasi linfatici che, contraendosi, permette la propulsione dei liquidi. Anche la pulsazione arteriosa delle strutture vascolari circostanti contribuisce al movimento del contenuto dei vasi linfatici.
In alcune circostanze tuttavia, il sistema linfatico può non risultare efficiente portando così ad un ristagno di liquidi nei tessuti: tipicamente questo accumulo di linfa è prevalente negli arti inferiori.

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Vediamo alcune cause comuni di ristagno di liquidi.

  • Periodi prolungati in piedi: il gonfiore degli arti inferiori è tipico di chi svolge una professione che richiede lunghi periodi in piedi. La posizione eretta infatti non favorisce né il ritorno venoso né quello linfatico portando così ad accumulo di liquidi a livello di piedi e gambe. Oltre al linfodrenaggio, a questi soggetti può essere consigliato l’utilizzo di calze contenitive;

  • Sedentarietà: non svolgere esercizio fisico, dalle semplici passeggiate ad attività sportive più intense, è un importante fattore che incide negativamente sul ristagno di liquidi. Per questo motivo, l’attività fisica dev’essere incoraggiata a qualsiasi età, sempre in relazione con lo stato di salute del paziente e le sue condizioni fisiche;

  • Disturbi della tiroide: più comuni nella donna, i disturbi della tiroide vanno ad alterare la funzione di questa ghiandola, essenziale per il corretto metabolismo dell’organismo;

  • Uso di alcuni farmaci: in primis, l’uso di metodi anticoncezionali farmacologici quali la pillola, possono favorire la ritenzione idrica e causare pesantezza delle gambe e ristagno di liquidi generalizzato nel corpo. Anche i farmaci utilizzati per l’ipertensione possono portare ad edema, soprattutto negli arti inferiori.

Linfodrenaggio manuale: tecniche ed esecuzione

I massaggi linfodrenanti rappresentano oggi una tecnica ampiamente sfruttata sia nella medicina tradizionale che nella medicina estetica che si avvale di varie metodiche per favorire, come dice il nome, il drenaggio linfatico.

L’esecuzione di questi massaggi è manuale, sfruttando una combinazione di movimenti e stimoli pressori manuali diversi a seconda del distretto corporeo su cui si va ad agire. Oltre al massaggio, possono essere utilizzati dei macchinari che migliorino ulteriormente l’effetto benefico del massaggio stesso o tecniche come la pressoterapia, ma la tecnica manuale è alla base del linfodrenaggio medico.

Esistono varie le tecniche di massaggio linfodrenante, ma, nell’ambito del linfodrenaggio manuale, le due alternative più utilizzate ed efficaci sono rappresentate dal metodo Vodder e dal metodo Leduc.
I principi alla base dei due metodi sono gli stessi: l’applicazione di movimenti e pressione che favoriscano il ritorno linfatico verso le stazioni linfonodali principali. Tuttavia, le due metodiche si differenziano per alcuni aspetti caratteristici, come il tipo di movimenti e la direzione d’esecuzione: il metodo Vodder prevede dei movimenti di pompaggio, con una pressione discontinua, pulsatoria, in sincronia con il battito cardiaco; il metodo Leduc invece è più specifico per alcune terapie mirate a risolvere situazioni che interessano più o meno direttamente determinati linfonodi.

Linfodrenaggio Vodder


LINK articolo di ricerca https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9874409

Tecnica sviluppata negli anni 30 dal fisioterapista danese Emil Vodder, il linfodrenaggio Vodder rappresenta oggi il Golden Stardard per il trattamento di alcune patologie e condizioni specifiche del sistema linfatico. Questa tecnica manuale rappresenta la principale scelta nell’ambito di linfedemi primari e secondari ma può essere affiancato ad altri trattamenti anche nell’approccio a patologie reumatiche o insufficienze venose, più comuni nell’anziano, ma anche a traumi e lesioni degli arti, frequenti negli sportivi.


Trova largo impiego anche come terapia coadiuvante in caso di nevralgia del trigemino, cefalea, emicrania, così come in ambito dermatologico per migliorare situazioni di dermatite, acne o per cicatrici a seguito di interventi di chirurgia estetica.

La tecnica Vodder prevede l’esecuzione di movimenti ritmici, dolci e armonici, in modo da favorire il normale flusso linfatico dei tessuti su cui andiamo ad agire. Nel complesso, risulta un massaggio molto leggero, adatto a favorire l’ossigenazione dei tessuti e l’efficienza del sistema immunitario.  È fondamentale non causare nessun tipo di irritazione della cute: questo può essere scongiurato adattando la pressione esercitata al distretto corporeo su cui si sta lavorando.  È fortemente sconsigliato l’uso di oli o creme, in modo da avere sempre il massimo controllo sulla manualità, evitando così sfregamenti indesiderati o eccessive frizioni che potrebbero scatenare un’eccessiva motilità del circuito capillare, interagendo in modo negativo con il ritorno linfatico.

Il linfodrenaggio Vodder non è applicabile in ogni situazione ed è da evitare categoricamente in caso di tromboflebiti, tumori maligni, reazioni allergiche e infezioni diffuse. L’utilizzo di questa tecnica in queste circostanze potrebbe infatti andare a peggiorare la situazione. Ne è sconsigliata l’applicazione anche durante la gravidanza.

Nel linfodrenaggio delle gambe, il metodo Vodder si rivela particolarmente efficace. Il ritmo dev’essere molto lento, in modo da seguire il battito cardiaco, con una pressione leggera, al massimo di 30-40 mmHg: il sistema linfatico è caratterizzato infatti da vasi sottili che, se troppo compressi, possono portare ad un peggioramento del ristagno linfatico. Il percorso compiuto dev’essere sempre uguale, senza variazioni. I linfonodi di riferimento sono quelli inguinali, dove andremo a far convergere il movimento: in questa zona giungerà il ristagno di liquido. È necessario effettuare un massaggio profondo dei linfonodi per sbloccarli, applicando una pressione maggiore che spinga verso l’alto. Il metodo Vodder per il linfodrenaggio della gamba prevede poi il trattamento della coscia: è possibile utilizzare una crema idratante che faciliti lo scivolamento, ma evitare gli oli per non causare sfregamenti. Si devono effettuare movimenti a spirale, non di sfioramento. Il linfodrenaggio infatti non prevede lo sfioramento per evitare irritazioni della cute. Durante questi movimenti si esercita una pressione molto leggera, indirizzata verso l’inguine. Arrivati alla radice della gamba, la pressione può aumentare leggermente per convogliare i liquidi in eccesso. Questo movimento stimola sia il movimento del liquido di ristagno sia la contrazione passiva del vaso linfatico, portando giovamento immediato agli arti inferiori. È importante effettuare movimenti alternati sull’intero arto, sia nella fascia anteriore che laterale; sulla porzione laterale della gamba si possono eseguire ulteriori manovre, dette “a passo di gatto”, praticate col la parte della mano più prossima al polso, sempre indirizzandosi verso l’inguine. Altri movimenti da effettuare sono delle pressioni circolari, con le mani disposte a forma di anello a circondare coscia e gamba, applicando pressione e spinta verso la parte superiore. Per la porzione inferiore della gamba, ed in particolare per il polpaccio, i linfonodi di riferimento sono quelli del cavo popliteo, situati nella regione posteriore della gamba. Per direzionare il ritorno linfatico verso questa zona è necessario applicare le mani giunte, piatte, nell’area retrostante il ginocchio e applicare qui una pressione che porterà all’apertura dei linfonodi stessi. Poiché questa zona è piuttosto delicata, si consiglia di esercitare una leggera pressione con un’unica mano. Anche nel piede si agirà in maniera analoga, procedendo qui con entrambe le mani, insistendo particolarmente nella zona dei metatarsi, applicando una pressione circolare con i polpastrelli.


Una volta eseguito tutto il massaggio sulla porzione antero-laterale della gamba, si procederà con la porzione posteriore, chiedendo al paziente di girarsi, partendo di nuovo dalla parte superiore della coscia, insistendo maggiormente sull’incavo del ginocchio, cavo popliteo e tendine di Achille.
Una particolarità del linfodrenaggio Vodder è quella di eseguire il massaggio sempre partendo dalla radice dell’arto, inguine nel caso della gamba, ma indirizzare comunque tutti i movimenti pressori verso il cuore per favorire il ritorno linfatico. L’idea alla base di questa tecnica è quella di allontanare la stasi di liquidi a monte, per promuovere indirettamente, una volta liberato, anche il movimento dei liquidi a valle.

Linfodrenaggio Leduc


LINK articolo di ricerca https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9573754

Il metodo Leduc è stato ideato quasi contemporaneamente al metodo Vodder, ma prevede una gamma minore di movimenti e l’utilizzo di un bendaggio. Questa tecnica utilizza due manovre principali: la manovra di richiamo e la manovra di riassorbimento. Questa tecnica, meno usata per trattamenti di medicina estetica, in tempi recenti ha trovato applicazione anche in oncologia ed in particolare nel coadiuvare i trattamenti per il cancro al seno.

Nel linfodrenaggio Leduc per prima cosa si ricorre ad un bendaggio dell’arto o della zona con ristagno di liquidi: il bendaggio non deve però comprimere il tessuto, altrimenti si avrebbe l’effetto contrario, provocando ulteriore stasi venosa e di liquidi.

La manovra di richiamo, all’opposto di quanto avviene nella tecnica Vodder, prevede lo svuotamento dei vasi linfatici di grosso calibro a valle della stasi, per liberare così il decorso della linfa. Questa prima manovra va ad agire direttamente sui vasi linfatici, stimolandone la naturale contrattilità e, parallelamente, agendo anche sul tono muscolare e venoso che fanno da pompa passiva per il ritorno linfatico.
La manovra di riassorbimento invece va ad applicarsi direttamente sui costituenti dell’edema: in particolare stimola il riassorbimento delle proteine, che costituiscono gran parte del liquido che extravasa dai capillari sanguigni durante la filtrazione. Queste macromolecole richiamano acqua e aggravano la situazione di ristagno.

Oggi questa tecnica è utilizzata anche in ambito oncologico, nella fisioterapia dei pazienti operati per cancro della mammella, per stimolare il deflusso di liquidi verso le stazioni linfonodali non asportate. Nella chirurgia della mammella legata a carcinoma del seno vengono infatti eliminate le stazioni linfonodali ascellari: i linfatici del tessuto perdono così una sede di drenaggio, ma evidenze recenti suggeriscono che l’utilizzo di questa tecnica potrebbe essere impiegata per reindirizzare il drenaggio linfatico verso altre sedi, favorendo così il benessere del tessuto nel decorso post-operatorio.

L’esecuzione di massaggi linfodrenanti richiede una mano esperta: esercitare movimenti o pressioni non congrue alla situazione del paziente non solo possono risultare inefficaci, ma possono eventualmente anche aggravare situazioni patologiche pregresse.
Per questo motivo, volendosi approcciare a questo ambito, è raccomandabile partecipare a seminari e corsi di formazione tenuti da professionisti ed esperti del settore, dove sarà possibile apprendere quale tecnica è da selezionare in una determinata situazione, come eseguire correttamente i movimenti e dove insistere maggiormente.

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