Il metodo McKenzie è una tecnica fisioterapica utilizzata soprattutto per il trattamento del dolore della schiena. Si rivela particolarmente efficace nell’applicazione su pazienti con dolore cronico, legato a traumatismi della colonna vertebrale o a discopatie. La conoscenza approfondita della tecnica è indispensabile per poter praticare le manovre e gli esercizi nell’ottica di una completa sicurezza del paziente. Questo metodo infatti può risultare estremamente efficace, anche grazie al coinvolgimento autonome di cui viene reso responsabile il paziente: approfondirne gli aspetti diagnostici e meccanici è fondamentale per la sua corretta esecuzione.
In cosa consiste il
metodo McKenzie
Ideato negli anni Cinquanta dal fisioterapista neozelandese Robert McKenzie, l’omonimo metodo è utilizzato per la diagnosi e il trattamento del doloro delle vertebre e degli arti. Si rivela molto utile nel trattamento del dolore cervicale e lombare, ma anche per contrastare la sciatalgia ed altri dolori da traumatismi vertebrali. Il metodo non si limita ad una valutazione articolare, ma analizza tutta la struttura osteo-muscolare nell’ottica di migliorare la situazione e rafforzare capsule articolari, legamenti e muscolatura.
Un punto importante nella tecnica McKenzie è la valutazione del problema, non tanto basata su determinanti anatomici del meccanismo che porta all’insorgenza del dolore, quanto piuttosto alla sintomatologia e alla clinica mostrata dal paziente nella sua complessità e interezza. Inoltre, centrale nel metodo McKenzie è il coinvolgimento attivo del paziente: il fisioterapista infatti dovrà formare il paziente, nell’ambito delle facoltà, sulla propria situazione e, una volta compreso il problema e la dinamica muscolo-scheletrica, provvederà a fornire suggerimenti su ginnastica McKenzie o esercizi da eseguire anche in autonomia a casa propria. Questa tecnica infatti è fondamentalmente improntata secondo una filosofia di auto-trattamento, secondo cui, dopo un iniziale intervento medico e fisioterapico, sarà proprio il paziente stesso a sfruttare le tecniche apprese per trattare la sua condizione fisica e risolvere il problema.
Quando è indicato il metodo McKenzie
Il metodo McKenzie va ad agire a livello vertebrale e discale, ponendosi come trattamento per il dolore. È utile quindi in quei pazienti in cui il dolore ha origine prettamente meccanica, come nei casi di compressione vertebrale, problemi posturali e, in generale, in quelle situazioni in cui il dolore non è persistenze, ma può variare a seconda degli sforzi o della postura assunta. Il metodo McKenzie è invece da evitare nei pazienti in cui il dolore abbia origine neuropatica, quando questo derivi da alterazioni tumorali e, in generale, in tutti quei pazienti il cui stato di salute sia fortemente alterato o compromesso. La tecnica su cui si basa il metodo McKenzie è infatti un metodo di auto-trattamento che prevede esercizi di ginnastica posturale ed è quindi scarsamente efficace in pazienti molto anziani con scarsa mobilità.
Come si articola il metodo McKenzie
Il metodo McKenzie si articola in varie fasi, e in particolare: valutazione, diagnosi, trattamento e prevenzione. Di seguito, come sono articolate le varie fasi e le loro peculiarità.
Fase I: la valutazione
La fase iniziale del metodo McKenzie prevede la valutazione delle condizioni del paziente. Sarà necessario chiedere al paziente di eseguire movimenti ripetuti più volte, per saggiare la sua resistenza e come la pratica ripetuta di tali movimenti vada a causare o meno dolore in sede articolare. Secondo il metodo McKenzie, si può suddividere il tipo di dolore in tre categorie con diversa origine meccanica.
Fase II: la diagnosi
Tramite la valutazione, si può inserire il paziente in un sottogruppo. Il metodo McKenzie individua principalmente tre gruppi, ed eventualmente sottogruppi. In particolare, vengono riconosciute 3 sindromi dolorifiche:
- Sindrome posturale, sempre più comune a causa dello stile di vita sedentario e dei numerosi lavori da ufficio. È provocata da una postura scorretta che tende a schiacciare le vertebre della zona lombare da un lato e ad allungare le vertebre cervicali dall’altro.
- Sindrome “derangement”, molto comune, legata ad uno slittamento del disco intervertebrale in posizione posteriore. La situazione può risultare anche molto dolorosa e irradiarsi ai territori circostanti a seconda della sede della discopatia. Nel caso di slittamento a livello cervicale, si può avere dolore irradiato alla testa e alle braccia, nel caso invece di slittamento lombare, il dolore è tipicamente riferito alla parte lombare della schiena e alle gambe.
- Sindrome da disfunzione, legata ad alterazioni morfo-funzionali delle strutture vertebrali o discali, ma anche delle strutture muscolari, soprattutto per quando riguarda l’elasticità e la capacità di allungamento di tali strutture.
Fase III: il trattamento
A seconda della sindrome specifica del paziente, ci possiamo muovere con approcci terapeutici diversi.
Nello specifico:
- I pazienti con sindrome da derangemenet vanno spesso incontro ad un processo di “centralizzazione”, cioè nella ripetizione di determinati movimenti si può assistere ad uno spostamento del dolore dalla periferia dell’arto ad una sede più prossimale. In questi casi, si può procedere con esercizi che tendano a centralizzare il dolore e a minimizzarlo, portandolo eventualmente a scomparire.
- In caso di sindrome posturale sarà utile rieducare il paziente ad una corretta postura ed insegnare esercizi che vadano ad alleviare il carico sulle articolazioni maggiormente compromesse.
- Nella sindrome da disfunzione il fisioterapista avrà un ruolo più attivo, andando a lavorare sulle strutture muscolari e legamentose che hanno subito accorciamenti o riduzioni di elasticità.
Fase IV: prevenzione
Una volta insegnati al paziente gli esercizi più utili per trattare il dolore, sia nella fase acuta che cronica, sarà necessario istruirlo su tutti gli accorgimenti non solo posturali, ma anche nei movimenti quotidiani, nel sollevamento dei pesi, nello star seduti in macchina o alla scrivania.
La prevenzione e la comprensione della corretta posizione del proprio corto diventano quindi non solo utili, ma addirittura terapeutiche per il paziente che potrà così evitare o ritardare l’insorgenza del dolore.
Ruolo del fisioterapista nel metodo McKenzie
Come già anticipato, il metodo McKenzie si basa su una filosofia di auto-trattamento: il compito del fisioterapista vede quindi uno switch da attore principale, che tramite varie tecniche agisce sul muscolo o sull’articolazione per trattare e risolvere il problema, ad un ruolo di coordinatore e insegnante.
Il ruolo del fisioterapista nel metodo McKenzie è quello di valutare lo stato clinico del paziente e di collaborare con questo al fine di insegnargli esercizi, strategie e tecniche adeguate non solo ad alleviare il dolore nella fase acuta, ma anche ad impostare una mentalità di prevenzione della situazione lesiva, così da evitare o ritardare l’insorgenza del dolore.
Il fisioterapista non dovrà quindi sentirsi sminuito, ma anzi diventa portatore di conoscenza e fondamentale figura per trasmettere al paziente tutto il sapere necessario per la sua condizione. Inoltre, qualora necessario o se gli esercizi non fossero sufficienti a portare beneficio al paziente, il fisioterapista potrà rivalutare la situazione, andando inizialmente a rielaborare nuovi esercizi, da insegnare la paziente verso il quale si disporrà come aiutante passivo negli esercizi della ginnastica, ed eventualmente potrà optare per l’attuazione di tecniche diverse a seconda della serietà del dolore e della risposta soggettiva alla ginnastica o al trattamento.
Esercizi McKenzie per dolore cervicale
LINK articolo scientifico https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15800512
La cervicale è un problema comune a molti pazienti che possono riferire tale dolore in associazione con cefalea, dolore irradiato alle spalle e al busto, ma anche alle braccia. Ci sono alcuni esercizi McKenzie molto utili da poter insegnare al paziente per alleviare il dolore.
Un esercizio fondamentale per la mobilizzazione del collo è quello della retrazione: questo consiste nello spostamento posteriore del mento. È molto utile provare l’esercizio da seduti su una poltrona con un poggiatesta, che impedirà automaticamente il movimento della testa, permettendo così di svolgere correttamente l’esercizio. Fondamentalmente, si va a spingere indietro il mento. È necessario insegnare al paziente che non si deve mai spostare il collo verso l’alto o in basso: il collo e il busto sono fermi, è solo il mento che si sposta, come a volersi comprimere contro il collo. Si consiglia di ripetere il movimento per 10 volte, alternando la retrazione al rilassamento.
Un altro esercizio utile per il dolore cervicale va ad aggiungere uno step all’esercizio precedente. Sempre seduti dritti, senza supporto posteriore a differenza dell’esercizio precedente, si va a schiacciare il mento posteriormente senza muovere il collo, una volta fatto questo si opera un’estensione massimale del collo, rivolgendosi indietro fino all’estensione massima possibile o fintanto che non insorge dolore. Una volta raggiunto il massimo, si torna alla posizione neutra rilassando il collo. Si può eseguire questo esercizio più volte al giorno con 10-12 ripetizioni.
Ginnastica McKenzie per dolore lombare
LINK articolo scientifico https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/26418868
Gli esercizi McKenzie per la colonna lombare sono utili nel trattamento del dolore lombare e della sciatalgia. Questo dolore può essere spesso irradiato anche alla gamba, causando fastidi e zoppicamenti. In questi casi, si possono utilizzare degli esercizi che vadano a centralizzare il dolore, eliminandolo in maniera ascendente dal polpaccio fino alla schiena. Una volta che il dolore sarà centralizzato a livello lombare si potrà poi intervenire specificamente su questa regione per ridurre il dolore.
Si può iniziare facendo sdraiare il paziente sul lettino con la schiena rivolta verso l’alto; per alcuni pazienti con dolore lombare acuto questa posizione può risultare molto dolorosa: in tal caso sarà necessario posizionare uno o due cuscini, in certi casi tre, sotto l’addome del paziente. Il paziente dovrà poi mettere le mani sotto le spalle e sollevare il busto per 10-12 volte: è fondamentale non sollevare la schiena, non si tratta di una flessione. Si può suggerire al paziente di immaginare che una cintura li tenga legati al lettino, così che gli impedisca di muovere la colonna lombare verso l’alto. Questo esercizio può essere ripetuto 3-5 volte al giorno o anche più spesso se la situazione migliora. L’esercizio di estensione da proni è molto utile soprattutto nei pazienti più anziani che non riescono a svolgere altre tipologie di esercizio, ma è consigliato anche come step inziale in tutti gli altri pazienti. È un movimento di estensione passivo, che può portare grande giovamento per il paziente.
Se il dolore lombare è maggiore da un lato della schiena, si possono utilizzare esercizi di lateralizzazione. Sempre in posizione prona, il paziente si solleva come nell’esercizio precedente, ma dovrà spostare il bacino con un movimento di rotazione verso la parte non dolente, senza muovere spalle e braccia. In questo esercizio, il fisioterapista può assumere un ruolo attivo andando a premere delicatamente le vertebre lombari: faciliterà così lo spostamento anteriore del disco intervertebrale in quei pazienti con sindrome da derangement.
L’applicazione e la spiegazione del metodo McKenzie può risultare apparentemente semplice, ma è necessario averne una conoscenza approfondita, sia della tecnica che della teoria, per aiutare al meglio il paziente e istruirlo ad una gestione autonoma del dolore.